È noto ciò che si deve sapere sui trafficanti d’esseri umani

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di Salvo Barbagallo

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Cosa significhi il traffico d’esseri umani, cosa significhi il continuo flusso di migranti dalla Libia che viene “scaricato” sistematicamente nei porti della Sicilia, dovrebbe essere “cosa nota” e non solo per quanto ha dichiarato il Procuratore Capo di Catania Carmelo Zuccaro.

“C’è una massa di denaro destinata all’accoglienza dei migranti che attira gli interessi delle organizzazioni mafiose e dico questo sulla base di alcune risultanze investigative”. Lo ha detto il procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, in audizione alla Commissione Antimafia sottolineando comunque come “sia sbagliato ritenere che la mafia operi dovunque, perché così rischiamo di aumentare l’aurea di onnipotenza. Sabato scorso è arrivata a Catania una nave con 498 migranti soccorsi ed il cadavere di un giovane ucciso a freddo su un barcone da un trafficante perché non si era tolto il cappello. Se sulla nave della Ong che ha fatto l’intervento vi fossero state unità della nostra polizia giudiziaria avremmo già preso i trafficanti e li avremmo già nelle nostre galere”, ha detto Carmelo Zuccaro in Commissione Antimafia ribadendo che “l’obiettivo delle indagini non sono le Ong ma i trafficanti ed alcune recenti modalità del traffico li stanno favorendo”. Questi criminali, ha aggiunto, “sono autori di violenze inaudite e del tutto gratuite. Non ritengo ci siano rapporti diretti tra le organizzazioni criminali che controllano il traffico di migranti e le nostre mafie locali. Le indagini per ora non ci danno contezza di questo. Che i trafficanti di uomini finanzino alcune Ong è un’ipotesi di lavoro, non ho mai detto che avevo elementi probatori su questo”. “A fronte di audizioni di Frontex e Marina che ci segnalano travalicamenti dei confini delle acque libiche e contatti telefonici tra persone operanti sulle navi di alcune Ong e la terraferma libica – ha spiegato Zuccaro – c’è il sospetto di contatti tra le organizzazioni che gestiscono il traffico e alcune Ong: è dunque necessario consentirci di fare le indagini per dare corpo ai sospetti o smentirli”.

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Le ong fanno un’opera di supplenza straordinariamente meritevole, ma sono in grado di selezionare il tipo di flusso migratorio? No, è l’Italia, come gli altri Stati europei, ad avere il diritto di fare questa selezione. La gestione dei flussi non può appartenere alle ong”. Ha detto il procuratore di Catania “Si può decidere – ha spiegato Zuccaro – che tutti i migranti economici vengano portati in Europa, ma la legge dice che il tipo di flusso da incoraggiare è quello di persone in fuga da situazioni di guerra e pericoli di vita. Se solo una percentuale minima di migranti ha diritto all’asilo, gli altri verranno immessi in un circuito illegale che alimenterà la già difficile situazione giudiziaria del Paese. Il Cara di Mineo ha creato un grosso problema sotto il profilo dell’ordine pubblico e della genesi di fenomeni criminali che hanno assunto maggiori dimensioni”. “Così come è – secondo il capo della Procura– la struttura di accoglienza di grandi dimensioni produce situazioni criminali che il nostro territorio non ha bisogno di avere”.

Queste le dichiarazioni del Procuratore Carmelo Zuccaro. Sui mass media le opinioni contrastanti hanno finito con il determinare “strumentali” polemiche. Basterebbe leggere un articolo di Enrico Piovesana pubblicato da Il Fatto Quotidiano e ripreso anche da Analisi Difesa (che noi riproponiamo integralmente ai nostri lettori nel caso fosse loro sfuggito), per rendersi conto che le situazioni che riguardano i migranti sono piuttosto “articolate”, e presentano più facce di una stessa medaglia.


Gli scafisti e la protezione alla joint venture dell’Eni

di Enrico Piovesana da Il Fatto Quotidiano

Tra continui naufragi e polemiche su Ong e rapporti con gli scafisti, emergono connivenze ben più istituzionali. Da una parte la complicità indiretta dell’Eni con uno dei due principali trafficanti libici di essere umani, dall’altra la collaborazione italiana con la Guardia costiera libica che questo traffico lo gestisce invece di contrastarlo.

Nell’agosto del 2015, dopo il rapimento di alcuni tecnici italiani, la società Mellitah Oil and Gas (joint venture fra Eni e la compagnia petrolifera nazionale libica Noc) che gestisce il terminal petrolifero di Mellitah, a Ovest di Tripoli, ha siglato un accordo riservato di protezione esterna dell’impianto con la principale milizia di Sabrata, il Battaglione Anas Dabbashi. Questa milizia comandata da Ahmed Dabbashi (detto ‘lo Zio’), oltre a trafficare in armi, contrabbandare greggio in Sicilia in accordo con Cosa Nostra e coltivare rapporti con l’Isis, ha il suo business principale nel traffico dei migranti.

È ‘lo Zio’, infatti, che gestisce i viaggi della speranza che partono dalle spiagge di Sabrata e Zauia, spartendosi il traffico con l’etiope Er mias Ghermay: lui, insieme all’insospettabile miliardario locale Mussab Abu Grein, gestisce i disperati in fuga da Eritrea e Somalia via Sudan, mentre Dabbashi ha il monopolio degli africani occidentali e subsahariani via Niger.

I traffici gestiti da Dabbashi e Ghermay sarebbero impossibili senza la costosa protezione del potente comandante della Guardia costiera di Zauia (a Est di Mellitah) il capitano Abdurrahman Milad (a ka al-Bija), che da almeno due anni – spalleggiato da Mohamed Kashlaf (aka al-Qasab) e della sua Brigata Nasr (divisione Ovest delle Guardie petrolifere) che fino all’anno scorso controllava la raffineria di Zauia trafficandone illegalmente il petrolio – riscuote il pedaggio da ogni barcone in partenza dalla costa, fermando e riman- dando indietro solo quelli che non hanno pagato, per poi rinchiudere i malcapitati passeggeri in un centro di detenzione e lavoro forzato.

È a questa Guardia costiera che il governo italiano, in virtù del recente accordo firmato a Roma tra Gentiloni e il debole premier libico riconosciuto dalla comunità internazionale Fayez al-Sarraj, vuole delegare il contrasto al traffico di esseri umani nel Mediterraneo. Queste informazioni, emerse da inchieste giornalistiche condotte sul posto (in particolare quelle di Francesca Mannocchi per Middle East Eye e Nancy Porsia per The Post Internazionale e TRT World), sono note da tempo sia alla nostra intelligence che ai nostri vertici militari secondo Gianandea Gaiani, direttore di Analisi Difesa e autore del libro Immigrazione: tutto quello che dovremmo sapere.

 “Grazie ai sofisticati mezzi d’intercetta zione elettronica di cui sono dotate le navi militari italiane che incrociano al largo della Libia nell’ambito delle operazioni navali EunavforMed e Mare Sicuro e all’attività di intelligence condotta in loco dall’Aise (i servizi segreti italiani per l’estero, ndr) si conoscono nomi, cognomi, indirizzi, numeri di telefono e di targa di tutti i trafficanti di esseri umani e delle milizie e clan tribali che li appoggiano e dei loro legami con l’Isis e altri gruppi jihadisti.

C’è consapevolezza totale di chi sono i protagonisti di questo business — spiega Gaiani — ma manca la volontà politica di agire per stroncarlo alla radice. Invece di regalare soldi e motovedette a una Guardia costiera libica complice dei trafficanti, bisognerebbe scoraggiare questo business rendendolo non più remunerativo, coinvolgendo l’Onu per accogliere in Tunisia i migranti intercettati al largo della Libia, che quindi non pagherebbero più e non rischierebbero più la vita per ritrovarsi sulle coste africane”.

Per Gabriele Iacovino, analista del Centro di studi internazionali (Cesi) esperto di Libia, “in un Paese diviso in potentati locali spesso coinvolti in attività criminali è inevitabile che un’azienda che ha interessi da proteggere debba scendere a compromessi con chi ha il coltello dalla parte del manico. Lo stesso vale se si danno soldi e mezzi alla Guardia costiera, che risponde a quelli stessi clan e milizie locali: gli aiuti finiranno per forza anche nelle mani di un criminale come il capitano Milad. L’unico modo per non scendere a patti con questi personaggi e porre fine al traffico di esseri umani — conclude Iacovino — è ricostruire lo Stato libico su base federale e smobilitare le milizie locali, il che è fattibile solo con l’avvio di una robusta missione di caschi blu dell’Onu”.

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